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Santuario Maria di Polsi |
Sinopoli |
Il Santuario, dedicato a S. Maria di Polsi a 862 mt. slm, sorge nel Comune di San Luca. E' meta quest'anno, dei pellegrini per il Giubileo 2000 ed è un importante centro d'incontro per volontari di tutto il mondo. Venerato da sempre è soprattutto meta di preghiera per la gente dell'Aspromonte, oltre ad essere un importante pensiero di fede per gli emigranti reggini e messinesi. Il caratteristico edificio fondato da Ruggero il Normanno nel 1144 è situato in una vallata circondata da monti superbi la cui cima più alta raggiunge quasi 2000 mt., "Montalto, (luogo dove sorge il monumento del "Redentore"". I devoti, per queste caratteristiche geografiche, hanno inteso soprannominare il Santuario: "Madonna della Montagna". Luogo mistico che fa rivivere ogni anno la sua storia con una caratteristica festa che ricorre il 2 settembre. La leggenda narra di un montanaro che mentre era intento nel suo lavoro, scopre il quadro della Madonna proprio nella zona dove è stato successivamente eretto il Santuario. Da sempre, sono tantissimi i pellegrini che raggiungono questi luoghi nei periodi estivi e con fede, offrono pensieri, suppliche e preghiere alla Madre Divina. Poi, come d'incanto, si lasciano trasportare ai lati del ruscello sottostante e vivono momenti di festa fatti di folklore e di ritorno alla tradizione. Caratteristiche sono le ballate notturne a suono di "organetto" e "tamburello" che rappresentano momenti di vera aggregazione. Si raggiunge da Gambarie (50min.) attraversando i boschi suggestivi di Montalto con panorami mozzafiato, oppure da San Luca.
IL PELLEGRINAGGIO A POLSI
Le testimonianze storiche sulla presenza dei pellegrini al santuario di Polsi sono antichissime. La Platea del 1604 ne parla di un fenomeno ormai tradizionale e consolidato. Ma sarà soprattutto mons. Del Tufo che verso la metà del XVIII secolo gli darà nuovo impulso attraverso un'ispirata azione pastorale e la rifondazione delle strutture del santuario. Il miracolo della resurrezione del figlio del marchese di Roccella (1772) contribuirà in modo sorprendente alla diffusione della devozione e del pellegrinaggio alla Madonna della Montagna.
Corrado Alvaro ci ha lasciato delle pagine suggestive, dove con vena poetica e realismo, descrive le migliaia di pellegrini che si recavano al santuario di Polsi, riuscendo a penetrare nell'intimo della psicologia e della fede dei pellegrini, facilitato anche dalla sua personale esperienza di pellegrino e devoto di Polsi.
La costruzione delle due "piste", che permettono dal 1975 di raggiungere il santuario in camion o in autovettura, hanno determinato una svolta che non è retorica definire storica: è nato un nuovo modo di essere pellegrini e fare pellegrinaggio.
È difficile offrire dei dati circa l'affluenza dei pellegrini a Polsi, ancora più complesso è cercare di comprendere le motivazioni che spingono a intraprendere il pellegrinaggio. La difficoltà consiste soprattutto nella mancanza di dati e da uno studio a livello sociologico.
Esistono dei dati incompleti che riguardano le date del pellegrinaggio delle carovane e il numero dei partecipanti che sì riferiscono agli anni 1985 e '86. Di fondamentale importanza, da questo punto di vista, è la tesi di don Falleti 12 che ci offre la possibilità di conoscere l'affluenza dei pellegrini dal 1940 al 1965.
Dal confronto di questi due campioni di dati si ha la sensazione che le carovane vivano un periodo di declino e forse di lenta agonia. Al pellegrinaggio tradizionale delle carovane si va sostituendo il pellegrinaggio fatto in macchina dal nucleo familiare. Le motivazioni possono essere così sintetizzate:
Dialogando con i pellegrini che ogni anno si recano a Polsi si ha la sensazione che a spingerli" a intraprendere un pellegrinaggio così difficoltoso e rischioso nel cuore dell'Aspromonte sia un qualche cosa di inconscio, di istintivo, che sfugge alla classificazione.
"Si è sempre venuti", "la Madonna ci attira", sono le risposte più comuni alla domanda "perché si è venuti a Polsi". L'elemento tradizione è costitutivo; fa parte della propria storia questo pellegrinaggio annuale, dove quasi si ricercano le antiche radici, ci si immerge in un luogo dove il tempo sembra sia stato bloccato e poi si riprende il cammino di sempre, senza mai appagare quell'ansia di Sacro.
Tenendo presenti i paesi di origine dei pellegrini (nella quasi totalità sono della Piana di Gioia Tauro) e lo sviluppo storico del santuario, si potrebbe avanzare l'ipotesi che Polsi fosse un punto di incontro per la festa della transumanza autunnale, un centro di unità della confederazione di un popolo. E tale è rimasto per secoli arricchendosi di nuove motivazioni e valori.
Chi è il pellegrino che si reca a Polsi?
Volendo fare una descrizione sintetica ed empirica si potrebbe dire che:
È molto forte la concezione che a Polsi "tutto può essere confessato e perdonato". E il santuario diviene punto di riferimento non solo per adempiere il "precetto pasquale" ma anche il luogo in cui si sperimenta la "maternità di Dio", che si esprime nell'accoglienza, nella familiarità, l'amore che perdona e ridona speranza, forza e vita.
IL CANTO
Una delle note più caratteristiche del pellegrino di Polsi, presente in tutte le tappe del pellegrinaggio, è il canto:
Dal rito di partenza al viaggio di ritorno il tempo è sempre riempito con l'alternarsi di canti, non esistono spazi "vuoti", quando la resistenza fisica vien meno supplice il registratore.
Motivo fondamentalre di questa "impossibilità" di fare e stare in silenzio è dovuta al fatto che il canto è strumento di preparazione al contatto con il divino, è espressione della dimensione straordinaria-festiva del pellegrinaggio.
Inoltre il canto polsiano sopperisce alla mancanza di una guida-catecheta in quanto assolvono alla funzione di preghiera, ripropongono in modo popolare la storia del santuario, gli eventi prodigiosi che Maria ha compiuto in favore della sua dimora e dei suoi devoti.
L'analisi dei testi dei canti sarebbe certamente uno studio importante in quanto ci permetterebbe di far emergere l'anima popolare, la "Madonna dei poveri". Ma si tratta di uno studio che va al di là della natura di questa relazione. Tuttavia mi sembra che si possa accogliere anche per il repertorio polsiano quanto l'antropologo Lombardi Satriani afferma per un contesto più ampio quale la Calabria:
gli oppressi si identificano nella figura della (Madonna) presentandola in contesti quotidiani che sono i loro contesti, vivendola con sapienza teologica, caricandola di tutti i bisogni che si accumulano durante la vita quotidiana" 20 e "moltissime leggende (di cui troviamo eco nei canti) sono strettamente significative perché testimoniano un essere scelti dalla Madonna, cioè il recuperare in una vita, esposta sotto il segno della inesistenza sociale, il segno della predilezione divina che riscatta dall'insignificanza che si subisce a livello socio-economico e politico 21,
I canti "propri" di Polsi hanno la caratteristica di essere come delle "nenie", con tono quasi meditativo ed a volte triste. Queste caratteristiche permettono una tenuta fisica nel canto che è sbalorditiva.
RITI DI CAMMINO
L'attuale pellegrinaggio fatto in camion ha "sconvolto" la primitiva natura del pellegrinaggio a piedi, a contatto con la montagna ricca di fascino provocato dalle sue naturali "strutture" , che da sempre stimolano l'invenzione di numerose leggende.
Ma se l'attuale pellegrinaggio in camion imprigiona escludendo qualsiasi contatto con la natura e "mortifica" la capacità inventiva-penitenziale, è altrettanto vero che apporta delle suggestioni e dei vantaggi che rendono sempre caratteristico il pellegrinaggio.
Anzitutto costringe a una maggiore socializzazione e a creare una comunità dove non esistono ruoli particolari e gerarchici; si è tutti accomunati non solo dalla stessa meta ma soprattutto dalla stessa esigenza di salvezza e dal riconoscimento che questa può avvenire solo dal trascendente. Inoltre il viaggio in camion non annulla le difficoltà, i disagi, i pericoli; basta pensare a come si viaggi scomodi, all'aria inquinata dello scarico del motore, alla polvere..., a dover vegliare una notte intera senza possibilità di dormire; ma soprattutto la paura provocata dalle cattive condizioni della strada.
Tutto questo è vissuto in un clima di gioiosa sopportazione e fiducia illimitata nella protezione della Madonna, come parte costitutiva del pellegrinaggio, in quanto ha valore di purificazione, di espiazione e di preparazione per l'incontro con il sacro.
Il viaggio perde così la sua dimensione "mondana" e diviene portatore di grazia, strumento di acquisizione di meriti, offerta propiziatoria da presentare al momento della richiesta dì favori
RITI DI PARTENZA
Normalmente la partenza avviene in piena di notte e in un contesto che coinvolge tutta la comunità cittadina. Il camion addobbato a festa con nastrini, palme e un'immagine della Madonna della Montagna messa bene in evidenza, attende i pellegrini nella piazza principale.
Il procuratore si accerta della presenza di tutte le persone che si sono prenotate e dà ad ognuno il posto su una delle tre panche poste sul cassone del camion.
La ritualità della partenza è semplicissima, ma gli viene attribuita una tale importanza ed è vissuta con tanta intensità da farne una azione "liturgica", comprensibile, però, in tutta la sua profondità solo dagli "iniziati".
Quando tutti sono sistemati, pellegrini e "spettatori" battono le mani e gridano: "Viva Maria. Viva Maria della Montagna". Il viso si irradia come di una luce particolare e gli occhi divengono lucidi, per la commozione e la gioia; la ripetizione quasi litanica delle parole nasconde l'incapacità in quel momento di dire altro; il canto, ritmato dall'applauso diviene preghiera, di intercessione per il viaggio, di lode, di riconoscenza per il dono del pellegrinaggio. E mentre il camion si avvia verso la meta, si intrecciano le domande di un ricordo alla Madonna e le promesse di pregare e di "portare" al santuario anche chi ne è impedito.
Tutto il contesto esprime una dimensione fondamentale del pellegrinaggio: la rottura con il quotidiano, l'inizio di un avvenimento straordinario. Questo aspetto sarà presente in tutte le tappe e nelle diverse manifestazioni e ritualità che verranno fatte dai pellegrini: si vuole compiere qualcosa di eccezionale, dì diverso, di più intenso e grande del solito. Merita di essere sottolineata come nota caratteristica del pellegrinaggio polsiano il carattere laicale. Il parroco il più delle volte ignora, subisce o addirittura è in aperto contrasto.
RITI DI ARRIVO
La vista del santuario, dopo ore ed ore trascorse sul camion produce nei pellegrini un moto di commozione e di ricarica spirituale che rinvigorisce le forze e si esprime nella ripresa del canto con maggiore intensità:
Vergine bella dapriti li porti
ca stannu venendu li divoti vostri.
E nnu venimu sonandu e cantandu,
Maria di la Muntagna cu vvui m'arraccumandu
Vergini bella dunatindi la manu,
ca simu Foresteri e venimu di luntanu.
La dimensione cosmico-naturale, fattore fondamentale per ogni santuario, che va al di là dell'elemento decorativo per assurgere a segno del sacro, assume profondità sorprendenti: L'incanto e la solitudine di questo luogo sono completi. Nessun altro posto, persino più remoto, fa intravedere un paesaggio di maggiore contrasto con quelli in cui giacciono spesso i solitari santuari d'Italia, che dalla loro altezza e dal loro angolo dominano o una distante pianura o il mare. Qui, invece, tutto intorno, al di sopra e al di sotto è chiuso da boschi e montagne, nessun sbocco, nessun varietà, soltanto la solitudine e il senso dell'eremitaggio regnano sovrani.
Giunti fin dinanzi alla soglia della chiesa in camion, quasi tutte le donne e qualche uomo attraversano la navata centrale in ginocchio cantando e battendosi il petto. Stupisce come subito dopo i pellegrini, senza eccezione, uno dopo l'altro si confessano e partecipano alla celebrazione dell'eucaristia. Tutto viene fatto con serietà, in tempi abbastanza brevi, ma si ha la sensazione che più che rappresentare il centro del pellegrinaggio questi due sacramenti vengono assolti come obbligo" da adempiere, come preparazione ad un incontro ancora più profondo con il divino che avverrà dopo la celebrazione della messa, quando, aperto il cancello della balaustra, potranno entrare in contatto quasi fisico con la Madonna, toccando e baciando tutto ciò che è nei dintorni del simulacro della Vergine: altare, velo del tabernacolo, gradini dell'altare...
Toccare individualizza, avvicina, comunica, stimola, manifesta e realizza le idee e i sentimenti. In fondo toccare è segno d'amore, di solidarietà e di prossimità. Lo fu nel modo di agire di Gesù e lo è nell'attività sacramentale della Chiesa e nella nostra vita di relazioni umane.
"Toccare la Madonna" per il pellegrino di Polsi è vivificare la propria fede, entrare in contatto personale e ricevere forza ed energia. È in questo momento in cui il pellegrino raggiunge l'apice di incontro con il divino, di contatto con il sacro, in un dialogo dove emergono tutti i bisogni, le richieste di grazie e di favori. E in questo momento che si offrono gli ex-voto e l'altare diviene spazio di accoglienza e di offerta.
RITI DI ADDIO
Uno dei momenti più commoventi è alla fine del pellegrinaggio, quando tutto il gruppo dei pellegrini si raccoglie insieme ai piedi della Madonna e iniziano i canti di addio.
Il fervore e l'intensità della partecipazione è tale che pochi riescono a trattenersi dal pianto.
In questi ultimi momenti si intreccia un vero e proprio dialogo corale con il canto, ma anche personale, tra i pellegrini e la Madonna; molte volte con le braccia aperte, pestandosi il petto, in ginocchio oppure diritti dinanzi alla Madonna, in un atteggiamento di implorante supplica di estrema confidenza e familiarità, di sottomissione e adorazione ma anche con grande dignità.
Vengono rinnovate le richieste di grazie che hanno spinto il pellegrino ad intraprendere il pellegrinaggio e poi vengono le raccomandazioni delle persone care, dei familiari, degli amici, ma non sono assenti intenzioni che toccano problemi sociali, di giustizia e anche a carattere ecclesiale.
Il rientro avviene in un clima di mestizia, ma i canti che si susseguono senza sosta quasi "inebriano" i pellegrini ed aiutano a superare la stanchezza e a continuare in un clima di festa, di ricarica e di pienezza spirituale. Come segno esterno dell'annuale pellegrinaggio alla Madonna della Montagna i pellegrini portano con sé delle immaginette della Madonna e ricordini vari per i parenti e gli amici; saranno il segno della presenza di Maria e della sua protezione nella vita e nelle case di questi devoti.
Segno tipico è la carne di capra comprata dai numerosi pastori presenti a Polsi.
Ai piani di Gambarie è prevista una sosta per rifocillarsi, ma è anche uno dei momenti in cui ci si distende e si balia.
SANTA MARIA DI
PORZI |
L'INCUBAZIONE
Un fenomeno comune in molti santuari di montagna e del sud Italia era la caratteristica di trascorrere l'ultima notte del pellegrinaggio in chiesa. Costume constatabile fino a pochi anni fa anche a Polsi, ma ora proibito.
Osservando il comportamento dei pellegrini, in particolare quelli che vengono per la veglia in preparazione alla festa, e dialogando con loro, si ha la sensazione che sia per loro connaturale al luogo" sdraiarsi e dormire per terra nel santuario. È una tradizione che supera quello che si potrebbe definire la necessità del momento, stanchezza, perdita di una notte di sonno...
Per me si tratta della sopravvivenza dell'antichissìmo rito dell'incubazione, metodo terapeutico molto praticato nelle religioni pagane, che può essere definito come un processo attraverso il quale si cerca una rivelazione divina coricandosi nel tempio di Dio e invocandone il sogno o la visita rivelatrice che si manifesta sotto delle forme molto varie.
Rinomato era il culto riservato al dio della medicina Esculapio. Questo rito è sopravvissuto anche nell'era cristiana e non solamente nelle classi popolari, ed è presente in tutta la storia della Chiesa, sia d'oriente che d'occidente.
L'azione della Chiesa è stata in un primo momento di condanna, quando il pericolo di paganesimo era forte, ma in un clima di "cristianità", come per molte altre situazioni, si è applicato il metodo dell'assimilazione. Si tratta di un atteggiamento di tolleranza, di prudenza e in particolare di scoperta di una certa connaturalità, del rito dell'incubazione ad esprimere il mistero cristiano, dunque non va letto questo atteggiamento pastorale come ibridismo o cedimento di ortodossia. In effetti il pellegrino che va ad "incubare" è spinto da un atto di fede, da un abbandono totale e confidente nell'amore misericordioso di Dio. I pellegrini di Polsi che "ostinatamente" vogliono dormire in chiesa non hanno coscienza riflessa che si tratta del rito dell'incubazione, ma è un atto istintivo.
E la ripresa della veglia in preparazione alla festa è stata come imposta dalla fedeltà di pellegrini che 'ogni anno, numerosi, si recavano al santuario per vegliare. Ma se istintivo è il dormire, cosciente è la ricerca del sogno come mezzo di comunicazione con il divino, soprattutto alla vigilia di decisioni importanti, in un momento di dolore o di smarrimento, per interpretare fatti accaduti o essere preparati per qualcosa che deve accadere.
Santuario ristrutturato - Altare - Panorama - Processione